È la scelta più gettonata dai nostri figli per l’uovo di Pasqua: ma quand’è che si è pensato di aggiungere il latte al cioccolato? E come si fa, oggi, il cioccolato al latte?
Un po’ di storia
Si narra che sia stato Sir Hans Sloane, medico del re e fondatore del British Museum, ad avere avuto per primo l’idea di miscelare cioccolata e latte nella Londra di fine Seicento.
Il medico aveva infatti trovato disgustosa la bevanda a base di cioccolato che, durante una lunga permanenza in Giamaica, gli veniva servita dagli abitanti del luogo. Ne aveva anche osservato gli effetti sulla popolazione locale, spesso malnutrita o malata; rientrato in Patria pensò quindi di migliorarne il gusto con l’aggiunta di latte, e di utilizzarla come medicinale.
Una storia, quella di Sloane, che ha in realtà i contorni sfumati di una leggenda; più certo invece che furono i fratelli Cadbury, intorno al 1820, a rendere ampiamente disponibile in commercio la cioccolata al latte da bere, mentre per le tavolette bisogna aspettare Nestlé e Lindt a fine secolo.
Come si fa il cioccolato al latte?
Innanzitutto, eliminando dal latte tutta l’acqua – la cui presenza è incompatibile con la produzione del cioccolato.
Naturalmente, la qualità del latte di partenza è fondamentale per quella del cioccolato finale; altrettanto importante è il processo utilizzato per l’evaporazione dell’acqua, che dev’essere tale da garantire il mantenimento della qualità del latte e delle sue proprietà.
Il latte in polvere che si ottiene viene poi mescolato alla pasta di cacao per ottenere la miscela da cui si formerà la tavoletta finale.
Ma come viene prodotta questa pasta di cacao?
Torniamo all’inizio del processo, dove troviamo fave di cacao di diversa varietà, ognuna con le proprie caratteristiche di gusto e lavorabilità. Tali fave vengono sbriciolate e miscelate tra di loro secondo una specifica ricetta, che varia a seconda dell’azienda e che ne costituisce il “segreto”.
Fanno parte della ricetta anche gli ingredienti che vengono aggiunti a questo punto e i loro dosaggi: entrano ora nella miscela, infatti, il latte in polvere e altre componenti come burro di cacao (parte di quello presente originalmente viene perso nella fase di lavorazione precedente), vaniglia e zucchero, a dare una miscela liquida che viene lavorata per diversi giorni per migliorarne consistenza e sapore. È la fase cosiddetta di concaggio, che restituisce una massa fluida, omogenea, morbida e senza note amare o astringenti.
Questa massa viene ora sottoposto a variazioni di temperatura (fase di tempratura) che servono a ottenere – a fine processo – un prodotto liscio e brillante. Da tale fase dipende anche la durabilità del prodotto finale, ovvero la sua capacità di mantenere le proprie caratteristiche per periodi sufficientemente lunghi.
Il cioccolato è ora pronto per essere messo a indurire in forma – ma, se di uova si tratta, non dimentichiamoci la sorpresa!