Lo yogurt è latte che è stato fermentato da due fermenti lattici specifici. Per normativa, infatti, i fermenti dello yogurt sono il Lactobacillus bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus: non uno in più e non uno in meno. Se così fosse, infatti, non si tratterebbe più di yogurt in senso proprio, ma di uno dei suoi tanti “cugini” appartenenti a una famiglia più grande, quella dei cosiddetti “latti fermentati”.
Effetto principale della trasformazione da latte a yogurt è la parziale conversione del lattosio, lo zucchero del latte, in acido lattico, con conseguenze su conservabilità, consistenza e, naturalmente, sapore.
Non è però quella l’unica novità: ve ne sono diverse altre, che modificano le proprietà del latte di partenza pur mantenendone molte caratteristiche.
Vediamo un po’ meglio.
Nelle Linee guida per una sana alimentazione italiana, il nostro Centro nazionale di Ricerca Alimenti e Nutrizione raggruppa latte e yogurt in un’unica categoria, riconoscendo così la loro analogia in termini di contenuto calorico e dei principali macronutrienti – con l’eccezione dei carboidrati per via della trasformazione di parte del lattosio in acido lattico e altre sostanze.
La fermentazione, quindi, non sottrae più di tanto nutrienti – e, quindi, proprietà – al latte: piuttosto, fa in modo che molti di loro vengano in qualche modo “semplificati”, il che va generalmente a vantaggio di una maggiore digeribilità.
Ne sono un esempio le proteine e i grassi:
- l’acidità che si sviluppa nella fermentazione fa cambiare la struttura delle proteine: si tratta di un fenomeno chiamato “denaturazione”, che le fa disporre in una modalità più facile da “gestire” per i nostri succhi e i nostri enzimi digestivi. Le caseine del latte diventano inoltre più digeribili anche per il fatto che la stessa acidità – ma anche alcuni enzimi presenti – riescono a “spezzettarle” in frammenti più piccoli.
- sempre l’acidità agisce anche sui globuli di grasso presenti nel latte, riducendone le dimensioni e cambiandone la composizione. Il risultato finale è una maggiore omogeneizzazione dei grassi, e una loro maggiore digeribilità
Per quanto riguarda il lattosio residuo, quello che non è stato trasformato in acido lattico durante la fermentazione, beh, risulta anch’esso più facile da digerire anche per chi ha problemi di malassorbimento: a permetterlo sono degli enzimi che appartenevano proprio ai fermenti lattici che hanno trasformato il latte in yogurt, e che avevano proprio la funzione di digerire il lattosio. Con lo yogurt, quindi, chi in generale non tollera il lattosio assume sì del lattosio, ma anche gli enzimi capaci di digerirlo: le β-galattosidasi batteriche.
Ci sono infine delle sostanze che la fermentazione aggiunge al latte di partenza: sicuramente l’acido lattico, come abbiamo visto, ma anche sostanze più particolari come, ad esempio, le batteriocine, la cui particolarità è di avere un’azione antimicrobica. È stato dimostrato, ad esempio, che alcune batteriocine contribuiscono a contrastare batteri patogeni in grado di infettare l’intestino, come la famosa Salmonella, o come il Campylobacter, che rappresenta la causa di intossicazione alimentare più diffusa in Europa.
A sfavorire la crescita di microrganismi dannosi ci pensa comunque anche l’acidità che si libera dalla fermentazione, e che abbiamo tante volte citato come “chiave” della digeribilità dello yogurt.
In questo senso, possiamo anzi vedere l’acidità come il fattore principale della maggiore conservabilità dello yogurt rispetto al latte di partenza, uno dei vantaggi che ne ha segnato il successo già dalla sua origine, presso tribù nomadi in tempi ormai molto lontani.