Latte: meglio crudo o fresco pastorizzato?

7 Giugno 2021 | Nutrizione

Che cos’è il latte crudo, e in cosa si differenzia da quello fresco pastorizzato? Scopriamo le differenze insieme alla nutrizionista Antonella Losa.

Che cos’è il latte crudo, e in cosa si differenzia da quello fresco pastorizzato?

Oggi vi proponiamo un viaggio nella via lattea, quella che va dalla stalla alla tua tavola e che può seguire itinerari anche diversi, ognuno con le proprie particolarità che val la pena conoscere.

Il percorso del latte crudo e di quello fresco pastorizzato si separano subito dopo la mungitura e successiva filtrazione, quando quello crudo viene rapidamente refrigerato sotto i 4°C, mentre il secondo viene inviato alla pastorizzazione.

Il latte crudo verrà in seguito messo direttamente in commercio, sfuso, tramite distributori automatici, mentre quello pastorizzato verrà refrigerato, confezionato in bottiglie chiuse, e inviato con mezzi di trasporto refrigerati ai punti vendita, dai cui scaffali siamo abituati ad acquistarlo.

Il latte crudo è stato autorizzato per il commercio in Italia dal 2004, ma a partire dal 2008 è stato regolamentato in maniera più stretta tramite diverse misure, tra cui l’obbligo di porre sui distributori la dicitura “da consumare dopo bollitura”.

Il trattamento termico che era stato “saltato”, quello della pastorizzazione, viene quindi introdotto a valle, pur con metodiche differenti (bollitura), praticabili a casa.

Vediamo quindi meglio cosa comporta la pastorizzazione, e perché è necessario sostituirla con bollitura se non la si effettua tra mungitura e messa in commercio.

Cos’è la pastorizzazione?

Nella pastorizzazione il latte viene scaldato per almeno 15 secondi a 72°C. Questo permette l’eliminazione – con rare eccezioni – dei batteri che potrebbero eventualmente essere presenti nel latte crudo di partenza e che potrebbero essere patogeni per l’uomo.

Temperatura e durata della pastorizzazione sono studiati in modo tale da raggiungere l’obiettivo (eliminare i batteri potenzialmente pericolosi) senza modificare in maniera sostanziale il valore nutrizionale del latte: diminuiscono infatti solo i livelli di alcune vitamine, ma lievemente. La bollitura del latte, che avviene a temperatura superiore, da questo punto di vista espone a perdite più rilevanti, con – oltretutto – un impatto maggiore sul gusto.

Il sapore del latte pastorizzato – in particolar modo con le tecnologie di pastorizzazione oggi disponibili – è infatti molto più vicino a quello crudo di partenza, da cui comunque bisogna aspettarsi che differisca un po’.

Il trattamento termico non è tuttavia il solo fattore a determinare il sapore del latte che beviamo: anche sul latte crudo, il gusto può variare in maniera sostanziale a seconda, ad esempio, dell’alimentazione ricevuta dalle mucche.

Il latte pastorizzato è oggi disponibile anche in forma liofilizzata, come latte in polvere, con diminuzione dei volumi e aumento della conservabilità.

Riassumendo, quel che ci offre in più il latte crudo è soprattutto un sapore inalterato dopo mungitura, mentre quel che ci offre il latte fresco pastorizzato è in primo luogo la sicurezza alimentare, che ci parla di salute.

Ma quanto è probabile avere problemi di salute se beviamo latte crudo? E di che problemi stiamo parlando?

Partiamo dalla seconda domanda: oggi possiamo dire scongiurati alcuni dei grandi rischi che si correvano un tempo – la trasmissione addirittura di tubercolosi, ad esempio. Ne restano tuttavia diversi che, ancora oggi, non possono essere sottovalutati. Batteri nocivi come Listeria, Salmonella o Escherichia coli possono portare a problemi che vanno da vomito e diarrea – fortunatamente i più frequenti – a complicazioni ad esempio renali e cardiache anche molto serie. Le persone da cautelare maggiormente sono quelle con difese immunitarie meno forti, come bambini e anziani.

Per quanto riguarda la probabilità di avere questi problemi, è naturalmente difficile dare una risposta univoca; si può senz’altro dire che oggi è meno probabile che un tempo, ma il rischio resta sufficientemente concreto da aver fatto aggiungere nella normativa ufficiale l’indicazione sul consumo dopo bollitura. La contaminazione del latte crudo, che la mucca – se in salute come d’obbligo – produce privo di batteri pericolosi, avviene per contatto con l’ambiente della mungitura e successiva lavorazione, a partire già dalla pelle delle mammelle. Il rischio di contaminazione ambientale può essere minimizzato – e di fatto lo è, con le normative igieniche oggi in vigore – ma non può essere azzerato. Da qui in poi, il latte ci mette del suo: il latte è infatti un alimento estremamente nutriente non solo per noi, ma anche per i batteri stessi, che quindi – al suo interno – riescono a crescere e moltiplicarsi molto rapidamente, senza avvisarci mediante odori o sapori particolari.

Se a colazione vogliamo andare sul sicuro, il latte pastorizzato è quello che ci lascia più tranquilli.

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