L’Aperitivo, l’apericena o l’happy hour: il momento felice e conviviale in cui le persone si ritrovano nei locali per consumare un calice di vino accompagnato da stuzzichini, finger food e, tradizione vuole, pane, burro e salame fonda sicuramente le sue origini nell’antica tradizione provinciale e contadina del Piemonte nata negli inizi del 1800 quando i contadini, prima della cena, consumavano questa merenda che le mogli confezionavano in un fagotto nel quale vi erano diversi formaggi, pane, salumi e vino. Le donne lo portavano nei campi prima del rientro al tramonto dei loro contadini. Gli uomini facevano questa sorta di aperitivo prima di riunirsi a tavola in casa con la famiglia.
La giornata dei contadini iniziava molto presto la mattina che, alle prime luci dell’alba dovevano uscire per accudire e sfamare il bestiame per poi tornare a fare la prima colazione prima di andare a lavorare nei campi.
La giornata era lunga e faticosa e al rintocco delle campane del mezzogiorno gli uomini tornavano a casa per un pranzo leggero e veloce.
Nei mesi estivi il tramonto era tardivo infatti occorreva lavorare fino ad ora tarda posticipando l’orario della cena per cui le donne arrivavano ad alleviare la fatica della giornata con il loro fagotto la “marenda ant el fassolet”: un fazzoletto contenente non solo il nutrimento, ma anche un modo per rinfrancare dalla fatica ed aggiornare su tutte le novità di casa.
All’interno c’erano per lo più pane, salumi, formaggi e frittate il tutto accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso casereccio.
La merenda sinoira quindi si inseriva nelle attività agricole della bella stagione così come recita un antico proverbio piemontese:
“San Giusep a porta la marenda ant el fassolet, San Michel a porta la marenda an ciel
(San Giuseppe porta la merenda nel fazzoletto, San Michele porta la merenda in cielo)”.
Infatti San Giuseppe si festeggia e fine marzo, mentre San Michele a fine settembre, periodo che racchiude in se tutta la primavera e tutta l’estate.
Con l’ascesa della classe borghese ed il passaggio a condizioni migliori di vita questo costume si diffuse anche nelle classi più ricche, per raggiungere anche quelle cittadine. Infatti la merenda sinoira iniziò ad essere proposta la domenica nel tardo pomeriggio nelle case di villeggiatura in campagna e venne praticata soprattutto in estate specialmente all’aperto sotto i pergolati, quando si ricevevano degli ospiti.
In questo caso la merenda diventava più ricca e cambiava a seconda della provincia e di quel che si produceva nella cascina:
tome e formaggi freschi o stagionati, salumi ed affettati vari, pane, burro e salame, tomini e lingua al verde, antipasti di verdure o verdure sotto aceto, uova sode, verdure in pinzimonio o insalate di fagiolini e pomodori e perché no anche le fette di polenta arrostita che era avanzata a pranzo!
Questa tradizione permane viva in alcune famiglie piemontesi, ricordo ancora le merende sinoire a casa di mio nonno che preparava dei buonissimi panini spalmati con un velo di burro e farciti col salame, il delizioso “Pan Bur e ancjuve” (pane, burro e acciughe) accompagnato da tome e frittatine fatte con l’ erba di San Pietro, un’ erba aromatica che i miei genitori coltivano ancora oggi nel loro giardino.
Siccome la merenda sinoira era un modo per riunire amici e famigliari spesso sforava fino ad ora di cena quindi la cena vera e propria avveniva verso le 22 di conseguenza doveva essere piuttosto leggera: a base di pane e latte oppure una minestra di verdura.
Quindi tutti pronti ad organizzare una buonissima Merenda sinoira domenica pomeriggio, verso le 18 in cui una fetta di pane, burro e salame non dovrà assolutamente mancare!
Articolo e fotografie di Germana Busca