“Caseus et panis bonus est cibus” ovvero Pane e formaggio è buon cibo.
Non si tratta di uno spot pubblicitario ante litteram ma della XXXVII Regola Sanitaria Salernitana dove, nella XXXVIII, veniva ulteriormente sottolineato, “Ignari medici me dicunt esse nocivum, sed tamen ignorant cur nocumenta feram” (medici ignoranti mi dicono che il formaggio è nocivo, ma tuttavia ignorano quali nocumenti arrechi).
Il Regimen Sanitatis Salernitanum, o Regola Sanitaria Salernitana, è un trattato in versi latini scritti all’interno della Scuola Medica Salernitana nel XII-XIII secolo.
Si tratta di un’opera a carattere educativo-didattico che riguarda le norme di igiene, il cibo, le erbe e le loro indicazioni terapeutiche conosciute fino a quel momento. Non si conosce il nome dell’autore e viene infatti ritenuto un lavoro collettivo tanto che, nel corso dei secoli, si arricchì di molti i contributi, diventando un vero best seller: nel ‘500 si contavano già 40 edizioni e nel 1608 venne pubblicata la prima traduzione inglese ad opera di Sir John Harington.
Dunque, abbiamo visto che nel Medioevo l’arte di produrre “cacio” viene praticata soprattutto presso le abbazie ed i conventi e nel 1115, il cistercense San Bernardo erige l’abbazia di Chiaravalle, nei pressi di Milano, dando nuovo impulso alle tecniche d’irrigazione e, in particolare, al diffondersi delle marcite che consentono di ottenere erba verde anche durante i mesi invernali. Parallelamente iniziano i grandi lavori di bonifica e la costruzione di canali navigabili così che la pianura padana diventa un bacino fertile ,specializzato nell’agricoltura e nell’allevamento di animali da latte, soprattutto bovini. Il binomio molto latte – canali navigabili è la premessa per lo sviluppo di una vera e propria industria casearia, che conosce la definitiva affermazione nei monasteri e nel commercio a questi collegati. Non per niente i formaggi francesi come il Maroilles e il Port-Salut prendono il nome da altrettanti monasteri della comunità dei cistercensi, fondata che XI secolo da San Roberto.
Nel 1200 la valle padana diventa il principale mercato caseario d’Europa e già nel Trecento i formaggi di Piacenza e di Lodi vengono esportati in tutta Europa.
Il formaggio inizia a fare la sua comparsa nelle tavole dei nobili e negli scritti e celebre è la terza novella dell’ottava giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio nella quale si narra della contrada di Bengodi dove “eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa faceva che far maccheroni e ravioli e cuocergli in brodi di capponi, e poi gli gittavan quindi giù”.
Nel 1447 Pantaleone da Confienza, medico presso la corte sabauda di Torino, scrive la “Summa lacticiniorum”, primo trattato sulla produzione casearia: analizza le diverse tecniche produttive, descrive nei minimi particolari tutti i formaggi allora presenti sul mercato italiano e dedica grande attenzione alle più importanti specialità straniere, in particolare francesi e inglesi.
La pubblicazione nel 1569 de “Vinti giornate dell’agricoltura e de’ piaceri della villa” di Agostino Gallo, il maggior agronomo italiano del ‘500, consolida quanto di conosciuto fino ad allora ovvero come l’allevamento vaccino avesse soppiantato quello ovino, come le razze migliori fossero già ritenute la frisona e la bruno-alpina, quali fossero i metodi per cuocere la cagliata, le tecniche per ottenere una corretta salagione e quelle per trattare le forme in superficie con l’olio di lino.
Ma sarà il 1700, il secolo dei lumi, che darà la vera grande svolta alla tecnologia casearia, grazie all’invenzione del microscopio ed alla pubblicazione de l’Enciclopedia di Diderot e d’Alambert, che dedicherà alla tecnica casearia ben quattro incisioni in cui vengono illustrati tutti gli strumenti usati all’epoca, molti dei quali hanno superato i secoli, sono giunti fino a noi e sono tutt’ora impiegati nelle malghe di montagna.
E dei microbi, del latte in polvere e dei formaggi light parleremo durante la quarta ed ultima puntata del nostro viaggio nelle forme del latte.
Ti sei perso la storia delle forme del latte dalle origini agli anni 1000?
Leggi la prima e la seconda parte del racconto sul nostro blog!
Articolo di Anna Maria Pellegrino
Bibliografia essenziale
Storia dell’alimentazione, Jean-Louis Flandrin e Massimo Montanari, Editoriale Laterza, 1996
La storia di ciò che mangiamo, Renzo Pellati, Daniela Piazza Editore, 2010
I formaggi, AAVV, Slow Food Editore, 1997
Le forme del latte, AAVV, Slow Food Editore, 2003
Summa Lacticiniorum Pantaleone da Confienza, Slow Food Editore, 2001
Vinti giornate dell’agricoltura e de’’ piaceri della Villa, Agostino Gallo, Google Books,1572
Immagini tratte dal web