Come sono fatte le proteine? Hanno tutte le stesse proprietà e lo stesso effetto sul nostro organismo? La nutrizionista Antonella Losa ci spiega tutto sulle proteine.
Immaginiamo di avere davanti a noi una scatola di perline, di quelle che usano le nostre figlie per fare collanine e braccialetti. Una scatola veramente enorme, diciamo. E immaginiamo che tutte queste perline siano suddivise in 20 tipologie, diverse ad esempio per colore o per forma. Ora immaginiamo di fare delle collane – lunghe, molto lunghe! – con le tipologie di perline a disposizione, e di dare a ogni collana un carattere tutto suo: in una ad esempio avremo una grande prevalenza di perline dai toni chiari e meno di quelle scure; in un’altra punteremo molto su quelle di forma sferica e quasi per nulla su quelle ovali; e così via. Ci ritroveremo alla fine con un enorme numero di collane fatte sì con le stesse perline, ma molto differenti tra loro.
Questo è ciò che avviene anche con le proteine, fatte dagli stessi 20 mattoncini, gli aminoacidi, eppure molto diverse tra loro.
Per le proteine naturalmente la storia si complica un po’, perché a seconda di quali amminoacidi contengono – e di quanti di ognuno – possono ripiegarsi su se stesse in modo diverso dando origine a forme tridimensionali diverse, cui corrispondono generalmente funzioni diverse da poter svolgere ad esempio a vantaggio del nostro organismo.
Le proteine quindi non sono tutte uguali.
Detta così può sembrare un po’ un tecnicismo, qualcosa di molto teorico, che non ha riscontri nella nostra vita di tutti i giorni. Ma non è così: è un aspetto interessante da conoscere e tenere a mente ogni volta che siamo ai fornelli o che passiamo tra gli scaffali del supermercato.
Perché le proteine sono un contenuto importante di un numero elevato di alimenti: sapere quali contengono le proteine di qualità maggiore – e cosa fare per utilizzare al meglio anche quelle di qualità più limitata – può essere davvero utile alla nostra alimentazione.
Digeribilità e composizione in amminoacidi
Sul tema della qualità proteica si sono espresse istituzioni internazionali della massima autorevolezza, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la FAO, l’Agenzia europea di sicurezza alimentare (EFSA) o l’Accademia nazionale di Medicina statunitense (IOM). Le scale individuate sono di diverso tipo, ma tutte puntano su uno o entrambi dei seguenti fattori: digeribilità proteica e composizione in amminoacidi.
La digeribilità ci dice quanto gli amminoacidi delle proteine che stiamo considerando siano effettivamente assorbiti nel sistema digerente: la digeribilità delle proteine di origine animale risulta generalmente maggiore di quelle di origine vegetale, perché in questo caso può essere ostacolata da alcune componenti – presenti nei vegetali ma non negli alimenti di origine animale – capaci di “intralciare” il lavoro degli enzimi predisposti proprio alla digestione delle proteine.
La composizione è invece importante soprattutto perché, dei 20 amminoacidi di cui abbiamo parlato, ben 8 sono essenziali, ovvero non possono essere sintetizzati da nostro organismo e vanno assunti, quindi, per forza con l’alimentazione. La composizione di una proteina è quindi tanto migliore quanto più è “completa”, cioè quanto più questi aminoacidi sono presenti nelle giuste proporzioni, quelle che meglio rispondono alle esigenze del nostro organismo. Anche per quanto riguarda la composizione, le proteine animali mostrano un generale vantaggio su quelle vegetali, essendo di solito più complete.
Legumi e cereali
Interessante a questo proposito il caso dei cereali e dei legumi: in entrambi i casi, le proteine contenute non possono dirsi complete come quelle degli alimenti di origine animale; prese insieme, tuttavia, hanno una caratteristica interessante: si “compendiano” a vicenda, perché gli aminoacidi di cui sono più carenti i primi sono forniti dai secondi, e viceversa.
Valore biologico
Le scale di valutazione della qualità proteica sviluppate negli anni dalle diverse istituzioni sono, come dicevamo più sopra, diverse e di diversa complessità. Le “classifiche” che ne emergono sono tuttavia piuttosto simili – al di là dei punteggi in valore assoluto.
Una di quelle di più facile consultazione, benché meno affinata di altre più tecniche e recenti, è ad esempio quella del valore biologico (BV), che misura quanto il nostro organismo riesca a “far tesoro” delle proteine contenute in un dato alimento, utilizzandone i componenti (aminoacidi) per produrre nuovi composti a lui utili.
In termini di valore biologico, troviamo sul gradino più alto del podio le uova, seguite a brevissima distanza dal latte e i suoi derivati. Seguono poi pesce e carne, prima delle proteine di origine vegetale come legumi e cereali.